LA TRANQUILLA ELEGANZA … Servizio del poeta-attore Massimo Sannelli Capolavoro della collezione Sisyphus di Rick Owens, per l’uomo: per esempio una cappa brown black in lana e seta. E poi un tabarro del Tabarrificio Veneto: soprattutto il modello Ambasciata, per l’uomo. Oppure un paio di jeans di Jacob Cohën, perché abbiamo anche noi “uno stretto rapporto di amicizia con l’indaco”. Ora io parlo di me, per forza di cose. Di chi sono le passioni? Mie. E allora non posso parlare in generale. Sono un autore e un attore: il particolare è il mio mestiere. Va bene così, perché va bene così. Come autore e attore, sono uno che osserva. Che cosa ho osservato? Per esempio la mostra di Owens alla Triennale di Milano: “Subhuman Inhuman”, fino al 25 marzo 2018. Nel sito della Triennale se ne parla ancora, e c’è una frase in poesia: “The clothes I make are my autobiography. They are the calm elegance I want to get to and the damage I’ve done on the way”. I vestiti che faccio sono la mia autobiografia. E i miei vestiti dicono due cose: la tranquilla eleganza (il mio obiettivo) e i danni che ho fatto lungo il percorso (il mio passato). E poi: “They are an expression of tenderness and raging ego”. Esprimono la tenerezza e la furia dello stesso cuore. Quello lì, il rabbioso e il furente, si fa conoscere presto. Grida all’autore e all’attore (grida dentro, sempre: senza suono esterno). La furia è uno stato molto precoce: in principio la furia è solo negativa, perché non ha oggetto; nell’infanzia sceglie oggetti sbagliati; quando è adulta, la furia diventa saggia: aggredisce raramente, ma aggredisce bene. Si allea con l’autore e con l’attore, e da questa unione nasce un’armonia sottile. L’armonia dell’adulto cerca un abito, e di qui torniamo alla moda. L’abito perfetto – Owens, oppure Gareth Pugh, o Galliano, e il Tabarrificio, e Lagerfeld con tutto il Parnaso ideale – è perfetto. Chi vuole può comprare queste creazioni e indossarle. Solo che le vite non sono tutte uguali, per forza. Per esempio, qualcuno ha subìto l’esercizio di troppa forza, e troppo presto. Poi, da artista in crescita, si è esercitato a diffondere la propria forza: discretamente e lentamente, e con dignità (gli anni verdi sono stati dedicati a questo; e ad imparare a vestirsi, e a non fare del male a nessuno in cambio del primo male). Oggi ha imparato e meno male che c’è l’arte (e c’è la moda). Così oggi, chi è passato da quella scuola di vita, di errore in errore, veste abiti supremi. Non basta che siano belli, e nemmeno che siano inusuali. È ovvio che siano belli; e sono inusuali. Io cerco altro. Gli abiti supremi sono diversi sul corpo di chi è molto sociale e sul corpo di chi non sarà mai sociale. Le condizioni diverse creano portamenti diversi: addirittura voci diverse e sguardi diversi. Questo è chiaro, se si fa cinema. Ma allora è vero che uno non si veste per coprirsi, e nemmeno per farsi vedere. Un artista, un certo tipo di artista – insomma “il sovrano che non vuole avere compagni” – non si veste né per apparire né per vanità. Si veste per indossare un cartello che dice la sua distanza, disperata e ostinata. Prima di tutto. Non c’è da farne una tragedia. È andata così e basta: non sarà mai normale e non sarà mai comune; sarà gentilmente solo, e sarà in compagnia solo per fare la sua arte (o le sue arti); non importa; esprime la sua distanza e il suo autocontrollo, che è una forma di alto artigianato (insomma: fa moda con la propria carne viva, ogni giorno). La mia passione esprime una posizione precisa. Non è facile, ma è la mia. E così ho scritto appunti senza centro, come sempre: dove si parla di un asociale, che si esercita alla tenerezza (e la diffonde in un privato così privato da dimenticarselo, anche lui). Questo cattivo soggetto ha imparato a dominare la furia (ostentando il suo autocontrollo, che è – ripeto – una forma di alto artigianato biografico). A questo punto l’abito è un segno di partenogenesi. Questa frase è ermetica, dopo una pagina di luci bianche che non hanno nascosto niente. Almeno una frase – molto in codice – deve essere dedicata a vampiri, performers, psicomaghi in genere (e al maestro Lagerfeld). Massimo Sannelli