Nella foto : Angelo Spaggiari (Perseo Miranda), importante rappresentante di quel mondo dell’ underground in cui musica e costumi di scena, “viaggiano in un’unico binario” Rock Hard 2007
Scrivo da Milano, aka Profondo Nord. Sono il direttore artistico di
una casa di produzione cinematografica. Lo dico per giustificarmi
sùbito, forse. Di solito tengo segreto il mio ruolo, per una specie di
pudore. Poi ho pensato che non ha senso isolare il mio ruolo dal mio
viso: il dato è pubblico, oppure non esiste. Il dato di fatto è che io
lavoro qui, come un insider, nel Profondo Nord. Solo un insider ha il
diritto di parlare? No. Ma l’insider conosce anche il prezzo del
fenomeno, e non solo il fenomeno. Sa anche perché venga imposto, o non
imposto. In generale, l’insider sa che non c’è molta innocenza in
giro, per forza di cose.
Ora prendiamo qualche film: Todo modo di Petri, American Psycho di
Harron, poi tutti i Pirati dei Caraibi, e anche il Francesco di
Rossellini. Nel primo si vedono i completi borghesi dei notabili; nel
secondo lo stile è un dovere, dal biglietto da visita “bianco osso”
alla giacca; nel terzo caso, i Pirati, bisogna esagerare e basta; nel
quarto caso non bisogna esagerare, se no l’ascesi è morta.
L’abito è parte del ruolo. Ovvio, no? I notabili di Petri non possono
vestirsi come i frati di Rossellini; e i ricchi di Harron non possono
apparire come i Pirati dei Caraibi. Potremmo anche spogliare tutti e
confondere gli abiti, ma allora i ruoli non sarebbero più
riconoscibili. Anche questo è ovvio: senza i costumi, la
rappresentazione muore, e diventa evocazione.
Poi prendiamo il Wittgenstein di Jarman e Dogville di Von Trier. Sono
film teatrali, in cui la scenografia è praticamente annullata. Gli
oggetti rimangono, ma non gli spazi: gli spazi diventano simbolici.
Anche i costumi rimangono, negli spazi simbolici. Quindi la
rappresentazione ha più bisogno di costumi che di scenografie. Ed è
ovvio anche questo: la rappresentazione è leale se c’è un ruolo
visibile. Se la rappresentazione è leale, anche il suo realismo è
possibile.
Posso immaginare un film in cui i ruoli precisi non siano legati ad un
costume preciso? Cioè costumi fuori luogo, oppure nessun costume.
Perché il pirata nudo è ancora un pirata, no? Posso immaginare questo
film, e posso anche scriverlo, come un esperimento. Sì, ma nella
stanza accanto c’è il mio capo, il produttore. Produrrà il mio film
speculativo, in cui la nudità e il vestito non saranno più legati ai
ruoli? No. Non lo produrrà mai, perché non vedrebbe la lealtà e realtà
della rappresentazione. E il direttore artistico peccherebbe contro la
comprensibilità del fenomeno, che è il cinema.
Per commettere questo peccato – scindere il ruolo dall’abito del ruolo
-, dovrei agire in un cinema dell’indipendenza totale, diciamo. Per
ora non si può, e non posso. Non è né un bene né un male. È solo un
fatto da capire: tra altri fatti della nostra industria.
Massimo Sannelli